Il 6 dicembre, alle 20.30 al MUSE con un pubblico di oltre 250 persone si è tenuto l’evento conclusivo del progetto LIFE FRANCA: ospite della serata Mario Tozzi, primo ricercatore CNR e divulgatore scientifico, chiamato a discutere e riflettere su come affrontare i rischi naturali in Italia, “Il paese più a rischio del mondo”, e migliorare la sicurezza del territorio e dei cittadini.
Ad introdurre la serata il direttore del MUSE dott. Michele Lanzinger che ha sottolineato il ruolo dei musei nella comunicazione dei rischi naturali, in particolare in riferimento all’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile.
Il professor Roberto Poli, coordinatore progetto LIFE FRANCA e direttore del master in Previsione Sociale dell’Università di Trento ha poi preso la parola descrivendo i risultati e la rilevanza del progetto: “LIFE FRANCA ha avuto un grande successo, tanto che molte altre regioni italiane hanno intenzione di replicare il progetto sperimentato in Trentino. Siamo stati tra i primi in Europa a realizzare un percorso sul rischio alluvionale basato su esercizi di futuro. Siamo partiti da alcune domande: come cambieranno i fenomeni naturali nei prossimi 20 anni? E come cambierà nel frattempo la comunità di riferimento? Con un obiettivo centrale: provare ad anticipare l’arrivo di una situazione problematica, uscendo da una logica reattiva attraverso l’innesco di un processo di formazione e la costruzione di una strategia diffusa a livello popolare.”
Nel suo discorso Mario Tozzi ha fatto un viaggio nell’universo culturale dell’uomo, facendo riferimento a come viene percepito e affrontato il rischio il diverse culture e mettendo in luce come la gran parte dei disastri che si ripetono sul nostro pianeta non siano dovuti al fato ma alle risposte che dà l’uomo ai fenomeni naturali.
I contenuti del suo intervento:
I disastri non sono tutti uguali e le loro cause sono cambiate nel tempi. Quasi nessuno di quelli contemporanei è veramente naturale, eppure, invece di mantenere comportamenti adatti a prevenirli e affrontarli, noi uomini del Terzo Millennio ne abbiamo ancora una gran paura e ne sfuggiamo ragioni e spiegazioni. La paura degli eventi naturali, però, è, oggi, totalmente immotivata: basterebbe informarsi di più e meglio ed esercitare la memoria collettiva. Come si sapeva fare nelle società tradizionali e come abbiamo presto disimparato.
Perché in definitiva è così difficile vincere quelle paure? Tutto nasce già dalle parole che abbiamo scelto per definire gli eventi naturali: disastro significa letteralmente “cattiva stella”, come a dire non determinabile dagli uomini, dunque sostanzialmente inevitabile. Ed è termine diverso da catastrofe, soprattutto perché è più circoscritto, anche geograficamente, e non porta al collasso totale del sistema colpito. Eppure la storia dei sapiens è, in ultima analisi, storia di disastri, sia che si tratti delle conseguenze di eventi naturali che del fallimento di azioni umane. I disastri fanno paura perché appaiono totalmente fuori dal nostro controllo, imprevedibili, fanno paura perché sprigionano grandi quantità di energia e perché generano conseguenze incerte e difficili da stimare. Il risultato è che oggi i danni sono più gravi che in passato.
Ma i disastri non esistono, esiste solo la nostra straordinaria capacità di trasformare gli eventi naturali in catastrofi per ignoranza, mancanza di memoria, avidità e malafede.